Metabolizzare tutto ciò che ho visto, fatto, conosciuto, e scoperto, sia nel bene che nel male, per metterlo insieme e cercare di trarne una morale mia, un mattone finito, pronto per la costruzione della mia persona, non è stato affatto facile. Ha richiesto un lavoro riflessivo non marginale.
Solo ora che sono passati un paio di giorni dal rientro, mi rendo conto che è stato uno dei viaggi più “difficili” che abbia mai fatto. Difficile perché ho donato più sangue alla zanzare africane che all’Avis. Difficile perché tutto ciò che ti circondava, che mangiavi, toccavi o vedevi non poteva essere catalogato come “igienico”. Ma il bello è questo, come mi disse una saggia: “C’EST L’AFRIQUE”.
Difficile perché sentivi storie di persone che non avevano l’acqua a casa per giorni, e nel frattempo ringraziavi uomini e dio per alloggiare in una casa in muratura. Difficile perché vedevi le donne fare km e km a piedi con bacinelle (più pesanti di loro) piene, di quella benedetta acqua, sulla testa. E pensare che a me basta aprire un rubinetto, ed ho tutt’acqua che voglio. Anche calda.
Difficile perché hai toccato con mano ciò che più temevi: La schiavitù esiste ancora. Con forme diverse, ma esiste. E’ presente nel commercio e nell’economia, quando viene imposto dal paese colonizzatore la moneta, la sua valuta e regimi nazionali.
Difficile è sapere che se dovessi mai venirti la folle idea d’innamorati in Senegal (cosa abbastanza probabile, data la bellezza locale) è meglio che non pensi neanche a poter uscire dal paese. Neanche per un week end fuori porta. Se sei un pazzo sognatore- testardo e ti passa per la testa la folle idea di voler portare la tua amata un week end sulla costiera amalfitana inizia un’odissea che forse finirà nel giro di 3-4 anni: documenti infiniti da compilare e pagare, per lasciare il paese e non ultimo la necessità che a tua garanzia ci sia una fideiussione di 4000 euro da pagare anticipatamente, da parte di un garante residente nel paese di destinazione. Ovviamente il tutto gestito da un funzionario che ha la facoltà, in qualsiasi caso, di decidere se rilasciare il permesso o meno.Difficile è pensare che a te invece basti un semplice click, e si parte.
Difficile è non pensare ai sorrisi, alla cordialità, alla gioia di vivere degli abitanti del posto. Alla facilità che hanno nel donarti, nel condividere quel che hanno. Anche il cibo. Mangiamo di meno (per così dire), ma mangiamo tutti e ci divertiamo, e sotto sotto inizi anche ad amare quel riso che ti viene proposto mattina pomeriggio e sera. Difficile sarà dimenticare i volti di tutte le persone conosciute, ma in particolare sarà difficile dimenticare il sorriso di Manu e Issa.
Difficile sarà tenere a freno la voglia di sapere di loro. Difficile sarà contenere la voglia di voler far di più, di sentirsi parte di un progetto più grande, consapevole che la tua unica fortuna sia stata nascere nella parte del mondo “sviluppata”. Difficile è fare il riscontro con la realtà e rendersi conto che il cambiamento è difficile, ma non è mai troppo tardi per provarci.
In conclusione, né ho la presunzione, né posso dire se si tratti di “Mal d’Africa”, non dopo appena 20 giorni, a differenza di chi magari ci dedica una vita intera, piena di fatti concreti. Ma di sicuro dentro di me qualcosa si è mosso, e continuerà così. Per adesso, la mia speranza personale, è ritornare….con una consapevolezza diversa!
Luca Mercaldo